29 settembre 2011

Tempi: del presente sospeso
Luoghi: casa

La mia camera è grande e spaziosa, soffitti alti,travi in legno,intonaco colorato che ricorda uno stacco d'affresco. Il letto è sfatto e gomitoli di vestiti si nascondono sotto la coperta leggera. Nell'angolo la poltrona rossa è sommersa da borse di cuoio, sciarpe colorate, vestiti di ieri, le prime maglie di cotone a coprire le spalle.
La libreria barcolla sotto il peso di libri, sulla cassapanca gli ultimi numeri dei mensili da treno, appunti, fotografie, scansioni, fogli, documenti raccolti pazientemente per la tesi e disposti in un ordine tutto mio, flyer, locandine, poster.
Sono sommersa da maree di carta.
Le scarpe dell'estate allineate sotto la finestra vicino ai miei piedi, le ante dell'armadio semiaperte, la sedia rossa, il tavolo coperto di matite, i Radiohead che avvolgono l'aria.
La finestra della mia camera da letto si affaccia sul vicolo che si conclude in gloria nella meravigliosa vista di Piazza Duomo. La piazza che tanto è piaciuta a Eddie Vedder, a Lou Reed, a Bob Dylan. Sono affacciata al davanzale della finestra con il viso appoggiato sulle braccia incrociate,sento solo i rumori dei vicoli, delle serrande che si abbassano. Salgono e rimbombano le voci dei passanti, strilla di bimbi, urla di genitori, schiamazzi di ragazzini, i primi discorsi da aperitivo dei locali del centro, stonature di cantanti di strada, saluti gridati di anziani, i suoni di F., Thom in sottofondo.
E' la fine del giorno.
La luce morente giallo sole invade la stanza per arrivare fino alla porta, come taglio perfetto sulle mattonelle del pavimento.
Il set cielo è impostato su modalità tramonto con tanto di stormi di rondini,tetti rosso arancio del centro storico sotto un cielo d' azzurro, abbaini aperti, panni stesi alle finestre, caotici terrazzini, volare di piccioni.
Non manca niente nel mio ordine delle cose.
Questa è la settimana delle dai giorni di 48 ore in cui non hai nemmeno il tempo di capire che cosa stai facendo e perchè.
Ma non è importante il perchè adesso.
L'importante è farlo.
Questa è la settimana delle partenze che ti lasciano il magone e il buco alla bocca dello stomaco, è la settimana della lettera di C. lasciata attaccata alla porta e quanto mi mancherà non può saperlo nemmeno lei, è la settimana dello sguardo sereno di E. che torna dove è la sua casa perchè è giusto così. E poi C. che non tornerà e invece avrei avuto voglia di guardarla e stringerla e riderci insieme.
Ma sono partenze consapevoli, dettate da una profonda volontà e, sovrastando il mio egoismo, non posso che esserne felice.
Ma è anche la settimana dei ritorni e ne sento l'importanza e le ricadute sulla mia pelle, tra gli abbracci forti.
Gioco con due fermagli a forma di farfalla.
E sorrido all'idea di uno spazzolino da denti in più nel mio bagno.
E non è importante sapere perchè c'è.
L'importante è sapere che c'è.
Esco. Un ritorno mi attende.E chissà cos'altro.

Conclusioni: sensazione finale di benessere diffuso.
Le biblioteche ai bibliotecari, ai loro utenti, a chi legge i libri, li studia, li sfoglia, a chi li legge ai propri figli, agli anziani, a chi viene per vedersi un film, per curiosare tra le pagine di una rivista o di un quotidiano, a chi vuole conoscere, capire, informarsi, aggiornarsi, a chi viene per navigare in internet, scegliere la musica da ascoltare. E che i politici vadano a zappare la terra, che in questo momento di crisi ce n'è tanto bisogno...



E, per inciso, l' "Onorevole" Ricardo Franco Levi potrebbe essere il primo...

25 settembre 2011

la tua ultima canzone per l'estate...






Con le tue finestre aperte sulla strada e gli occhi chiusi sulla gente con la tua tranquillità, lucidità, soddisfazione permanente, la tua coda di ricambio, le tue nuvole in affitto, le tue rondini di guardia sopra il tetto...

23 settembre 2011

E= mc²

Le enormi sorprese che ci riservano i neutrini...

 

...e la crisi della fisica contemporanea...

22 settembre 2011

autunno 2011

Ho perdonato errori quasi imperdonabili, ho provato a sostituire persone insostituibili e dimenticato persone indimenticabili. 
Ho agito per impulso, sono stato deluso dalle persone che non pensavo lo potessero fare, ma anch'io ho deluso. 
Ho tenuto qualcuno tra le mie braccia per proteggerlo; mi sono fatto amici per l'eternità. Ho riso quando non era necessario, ho amato e sono stato riamato, ma sono stato anche respinto. 
Sono stato amato e non ho saputo ricambiare. 
Ho gridato e saltato per tante gioie, tante. 
Ho vissuto d'amore e fatto promesse di eternità, ma mi sono bruciato il cuore tante volte! 
Ho pianto ascoltando la musica o guardando le foto. 
Ho telefonato solo per ascoltare una voce. 
Mi sono di nuovo innamorato di un sorriso. 
Ho di nuovo creduto di morire di nostalgia e… ho avuto paura di perdere qualcuno molto speciale (che ho finito per perdere)… ma sono sopravvissuto! E vivo ancora! 
E la vita, non mi stanca… E anche tu non dovrai stancartene. Vivi! 
È veramente buono battersi con persuasione, abbracciare la vita e vivere con passione, perdere con classe e vincere osando, perché il mondo appartiene a chi osa! La vita è troppo bella per essere insignificante! 
Charlie Chaplin

Mario Giacomelli - un uomo una donna un amore

21 settembre 2011


Barra di Google.
Scrivo Serendipity guardiamo cosa salta fuori.
Uno dei primi risultati è Wiki. 
La prima serendipity è già nella parola stessa. 
Ne conosco il significato è vero, ma non avevo mai pensato a quanti campi dell'esperienza umana si potesse applicare una sensazione tra le più belle che io conosca. 
Mi segno subito qualche libro da leggere per esempio  Tre Principi di Serendippo una fiaba persiana da cui uno scrittore del '700 fu ispirato per la creazione del termine. La cosa mi piace, tutto quello che nasce da una fiaba è terreno fertile su cui indagare, scoperta di cui fare tesoro, ricchezza antica da far rivivere nel contemporaneo.
Wiki mi dice anche che "la serendipità indica anche il tipico elemento della ricerca scientifica quando spesso scoperte importanti avvengono mentre si stava ricercando altro." 
Insomma in ogni scoperta ci deve essere una serendipità, una casualità altrimenti si avrebbe solo una conferma di una teoria, non una scoperta vera e propria.
"se il ricercatore sapesse già esattamente quello che sta cercando, non avrebbe bisogno di cercarlo, bensì gli basterebbe avere una conferma di una realtà che già prevede esista."
Io che inventore non sono e ricercatrice nemmeno cerco appunto, ma non so cosa.
A volte mi sembra di aver trovato qualcosa, ma spesso sono cianfrusaglie, buchi nell'acqua, specchi per allodole... e con meno incanto procedo verso la ricerca del senso.
Cerco "il qualcosa" ma non so dargli un nome. A volte è un oggetto, altre una sensazione, altre volte è il sole quando si prevedeva pioggia, altre volte un cantautore sentito per caso che entra di diritto nella mia top ten. Altre volte un pisolino che riesco a strappare per caso al pomeriggio, una telefonata che non credevo di ricevere, un invito a cena o a un concerto. Ho una aspettativa e invece trovo altro, non ho niente e invece trovo altro, inciampo in una possibilità e vedo cosa c'è dietro.
A volte invece è una presenza, inimmaginata e serena.
L'America, la dinamite, la penicillina, il cellophane, gli effetti dell'LSD, il Prozac, il forno a microonde, il Post-it, il velco e il Viagra, Urano, i raggi X, il WWW, l'html e l'http sono stati scoperti per caso, con la Serendipity. 
Fedele amica dell'uomo che fa la sua comparsa nei modi più impensabili per farci vivere meglio.
Una buona parte di queste sono scoperte fondamentali della vita contemporanea. 
Non vivremmo senza America, senza penicillina, qualcuno vivrebbe male senza Viagra, io sicuramente senza Post-it.
Serendipity è il nome di un melenso film statunitense, di una caverna di ghiaccio canadese, di un cd della PFM e di qualche sfigato cantautore americano, di un pacchiano ristorantino di New York (segnarsi l'indirizzo non si sa mai), una mia omonima milanese ha chiamato così il suo blog, così si chiamano decine di aziende soprattutto straniere: da vestiti per bambini a generi alimentari, aziende di design, negozi, linee di comunicazione, una importante mostra di computer art realizzata a Londra nella fine degli anni '60, istituti di bellezza.
Ma Serendipity è anche altro.
E' senza pensieri, senza un'idea, con qualche sensazione, con qualche flash back. 
E' stupore, spensieratezza, pace, calma, è speranza.

20 settembre 2011

..e la conosci bene questa sensazione, è una specie di ottimismo senza una ragione...

Ecco. 
Proprio una domenica notte.
Non manca davvero niente.

Sparatemi ora. 
Fate fuoco.
Niente potrà farmi del male.
Testa sulle spalle. 
Razionalità. 
Giramenti improvvisi di testa.
Nessuna aspettativa.
Solo Quello che conta

19 settembre 2011

Vi rendo cio' che mi avete dato negli anni.

Tempi: mesi fa.
Luoghi: dello spazio collettivo.


Stasera esco senza particolare voglia di farlo.
E' molto tardi, ho avuto altro da fare, probabilmente pioverà.
Mi sento completamente distaccata dal contesto, un mare di barbie girl e uomini scimmia intorno a me, gente che mi parla e che non ho nessuna voglia di ascoltare, inutilità delle public relation del fine settimana.
Chi mi conosce capisce al volo e mi lascia stare, chi mi conosce meno mi guarda inarcando il sopracciglio.
Scuoto la testa con un mezzo sorriso di circostanza “Tutto bene, solo solo un po' stanca”.
Cosa vera tra l'altro.
Dovevo rimanere a casa a leggere, anzi a ingoiare con foga, il libro che mi inchioda alle sue pagine da giorni.
Mi allontano dalla folla delle piazza solo dieci minuti, devo fare una cosa importante.
“Torno subito, ci rivediamo qui”
Una telefonata importante.
[Quello che conta]
[Da anni per anni]
Cammino con il telefono in una mano e il mojito nell'altra.
Nel vicolo non c'è quasi nessuno. 
I lampioncini proiettano la mia ombra lunga sul pavimento lastricato.
Sento, nel silenzio che si fa strada mentre mi allontano dalla piazza, digrignare i denti da dietro l'angolo, sembra quasi un ruggito, un tumulto di rabbia.
In un misto di premura e paura mi avvicino e me lo trovo davanti.
Lui, uno dei sorrisi più belli che il mondo ci abbia regalato, ora sta prendendo a pugni un muro, ci si sfrange le nocche delle mani.
E' rabbia.. pura rabbia, e quel rumore, quel verso animalesco.
Rimango impietrita a guardarlo. 
E' fuori da se stesso: gli occhi di vetro, il sangue ovunque.
Prende a pugni un muro in pietra, di una rabbia feroce,con rabbia feroce,
Corro da lui, gli prendo le braccia, le blocco, trovando in me una forza inaudita, gli stringo le braccia ai fianchi, gli metto le mani dietro la schiena, cerca di divincolarsi, oppone un minimo di resistenza. 
Ma poi non riesce. 
Gli tengo le mani, le nocche spezzate. 
Appoggio il mio viso sulle sue spalle e lo tengo fermo. 
Rigido.
Ansima, rantola, è in un mondo lontanissimo da lì, da me, da se stesso.
Dopo poco si gira, mi guarda, occhi di panico, rabbia feroce, disperazione, abbandono.
Scuote la testa e va via correndo. 
Si gira qualche volta prima di sparire, lasciandomi lì muta, in lacrime, con un mojito in mano e il telefono nell'altra.
Mi avvolgo nella mia maglia rosa, si è alzato anche un leggero vento.
Tra poco pioverà, è il tempo di rientrare a casa.

Ho chili di karma disponibili accumulati negli anni.
Chi ne ha bisogno può farne richiesta su apposito modulo.

Vi rendo cio' che mi avete dato negli anni.

18 settembre 2011

Prima o poi 'amore arriva. Stefano Benni


... E c'erano uomini con un lavoro sicuro
e donne con le case ordinate
e una piazza dove le sere d'estate
ci si sdraiava insieme ad aspettare
un'attesa un qualcosa un altro da aspettare
e tutte le notti un fantasma appariva
e in tutta la piazza tuonar si sentiva
" o voi che credete che indifferenti
e rassegnati invecchierete,contenti
che non cè una bocca che vi può ferire
o una foto sul muro che non vi fa dormire
non cè niente da fare non si può scappare!
guardate è dietro! 
vi guarda goloso chissà da quanto vi seguiva vi prenderà! 
non cè scampo!
vi ha preso! evviva! evviva!
prima o poi l'amore arriva!"


Palloncini rossi a dismisura, occhi blu. L'attesa è finita.

17 settembre 2011

Mi sono innamorata di due - tre belle canzoni, struggenti e melanconiche, poetiche e amare.


Lasciatemele cantare sotto la doccia, mentre guido,
mentre vedo l'autore che me le mette in musica sul palco.
Non mi disturbate con le vostre chiacchiere almeno per un po'.


Davvero.


Lasciatemi ricordare.

16 settembre 2011

Io oggi non dovevo essere qui. 
Sarei dovuta essere da un'altra parte, in altro luogo,
in altra compagnia, in un'altra presunta perfezione e ricerca di senso.
E' solo per il senso di responsabilità portato ai massimi storici che non sono partita.
Uscirò stasera, vedrò un bel concerto, starò con coloro che amo da sempre.
Chi c'è sempre stato e sempre ci sarà. 
Ne sono felice.

Ma non sarà la stessa cosa.
Non sarai mai la stessa cosa.
Non sarà mai più la stessa cosa.


PROMEMORIA: Abbattere il senso di responsabilità.
Non garantisce felicità immediata e semplice. 

E c'è da incazzarsi solo con se stessi.
PUNTO

15 settembre 2011

Tutto ciò che avete da fare è tenervi il vento alle spalle....
Conrad


Robert Frank, For Andrea 1954-1974, Mabou 1975

14 settembre 2011

la notte



Dormi, dormi, dormi
dormi almeno tu che puoi dormire.
Io penso a te, tu non pensare a me.
Tu pensa ad un cavallino d'argento,
tu pensa ad un trenino
che con i fari accesi ti diverte,
tu pensa ad una mano che t'accarezza.
Io penso a te,
tu non pensare a me. 

Andrea Pazienza 

13 settembre 2011

Big Kahuna. Il monologo


Goditi potere e bellezza della tua gioventù. 
Non ci pensare.
Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite.
Ma credimi tra vent'anni guarderai quelle tue vecchie foto.
E in un modo che non puoi immaginare adesso.
Quante possibilità avevi di fronte e che aspetto magnifico avevi!
Non eri per niente grasso come ti sembrava.


Non preoccuparti del futuro.


Oppure preoccupati ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un'equazione algebrica.
I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente, di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio.


Fa' una cosa ogni giorno che sei spaventato: canta!


Non essere crudele col cuore degli altri.
Non tollerare la gente che è crudele col tuo.


Lavati i denti.


Non perdere tempo con l'invidia: a volte sei in testa, a volte resti indietro.
La corsa è lunga e, alla fine, è solo con te stesso.


Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti.
Se ci riesci veramente, dimmi come si fa...


Conserva tutte le vecchie lettere d'amore, butta i vecchi estratti-conto.


Rilassati!


Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita.
Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita.
I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno.


Prendi molto calcio.


Sii gentile con le tue ginocchia, quando saranno partite ti mancheranno.


Forse ti sposerai o forse no.
Forse avrai figli o forse no.
Forse divorzierai a quarant'anni.
Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche: le tue scelte sono scommesse, come quelle di chiunque altro.


Goditi il tuo corpo, usalo in tutti i modi che puoi, senza paura e senza temere quel che pensa la gente.
E' il più grande strumento che potrai mai avere.


Balla!
Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.


Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai.
Non leggere le riviste di bellezza: ti faranno solo sentire orrendo.


Cerca di conoscere i tuoi genitori, non puoi sapere quando se ne andranno per sempre.
Tratta bene i tuoi fratelli, sono il miglior legame con il passato e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.


Renditi conto che gli amici vanno e vengono, ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.
Datti da fare per colmare le distanze geografiche e gli stili di vita, perché più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.


Vivi a New York per un po', ma lasciala prima che ti indurisca.
Vivi anche in California per un po', ma lasciala prima che ti rammollisca.


Non fare pasticci con i capelli: se no, quando avrai quarant'anni, sembreranno di un ottantacinquenne.


Sii cauto nell'accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa.
I consigli sono una forma di nostalgia.
Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga.


Ma accetta il consiglio... per questa volta.


L'altalena, Robert Doisneau

11 settembre 2011

10 settembre 2011

Accadde, oggi


Morire in una città libera: la piccola Jone

Domenica 10 settembre 1944, Pistoia è libera già da due giorni, o così almeno riportano le cronache successive.
E’ una data convenzionale infatti l’8 settembre, Pistoia in realtà non è una città libera, si continua a sparare, a nascondersi, ad avere paura e a morire…
La città è distrutta dai bombardamenti, la popolazione è ancora rifugiata in collina e in montagna, mancano generi alimentari, mezzi di trasporto. I tedeschi, costretti ad arretrare, infieriscono violentemente sulla popolazione civile inerme e indifesa.
In questo drammatico contesto si inserisce una storia ormai quasi completamente dimenticata dalla città, quella di una piccola bambina di soli cinque anni che proprio in quel 10 settembre si trovava a giocare nell’atrio del Palazzo Comunale.
La piccola Jone nasce a Pistoia il 27 luglio 1939, ha parecchi fratelli e sorelle più grandi di lei e la madre, Leda Pacini, classe 1902, rimasta vedova, intorno al 1940-1941 in seguito a una malattia viene ricoverata in ospedale. E’ costretta a lasciare i figli più grandi in un collegio fuori città dove rimarranno fino alla fine della guerra. Jone è troppo piccola per andare in collegio e per questo motivo che viene affidata a una balia: Ballerini Assunta detta “Tina” nata nel 1907 a Sambuca Pistoiese.
Con molta probabilità la piccola viveva con la famiglia in Piazza del Carmine nr8 durante la guerra, le condizioni economiche non dovevano essere delle migliori con così tanti bambini e ragazzi da mantenere e suppongo che la Ballerini nubile e senza figli si sia offerta di prenderla con sè. Non si sa in che anno ciò sia avvenuto ma sicuramente tra le due si crea un legame molto profondo, quasi di madre-figlia.
Arriviamo quindi al settembre 1944. A questa data Jone e Tina vivono in Via Bracciolini, quel vicolo stretto che collega Piazza del Duomo a Piazza Sapienza; possiamo immaginarci che Jone giocasse, nei rari momenti di pace che una città in guerra poteva avere, in Piazza del Duomo vista la breve distanza con la sua casa (al nr.4). 
 Alcuni documenti testimoniano con quasi assoluta certezza che il 4 di quel mese le due si trovavano insieme a un’altra ventina di persone nel rifugio antiaereo allestito in Palazzo Comunale. Con loro ci sono altri 7 bambini, 8 donne e 4 uomini. La sera di quello stesso giorno si aggiungono altri dieci uomini che probabilmente decidono di passare lì la notte.
Ma la nostra storia continua. Arriviamo al 10 di settembre. La sorella della piccola, Anna Lottini che come detto in precedenza si trovava a quel tempo in un collegio, ricorda che le fu raccontato che quella mattina Tina si doveva recare nel vicino Palazzo Comunale per sbrigare alcune commissioni anche se non sa di quale natura queste fossero. Sono le 10 di mattina, dopo aver attraversato Piazza del Duomo, che possiamo immaginare piena di macerie, le due arrivano nell’atrio del Palazzo. La piccola insiste: mentre Tina salirà ai piani superiori lei rimarrà a giocare giù al pianterreno. Tina acconsente, ma è un attimo. I tedeschi che già da giorni sparano sulla città dalle colline circostanti (soprattutto da Cireglio) colpiscono il Palazzo comunale.
A rimanere ferite sono parecchie persone, ma tre in modo grave:
Franca Pirami, Rinaldo Puxeddu e Jone.
Moriranno tutti e tre: i due partigiani e la bambina per le ferite riportate in seguito allo scoppio di una granata. Il dolore di Tina è enorme, è come aver perso la figlia. 
Qualche anno dopo, nel 1946, quando la situazione in città è tornata alla “quasi” normalità scrive una lettera al Sindaco Michelozzi per chiedergli il permesso di poter apporre una piccola lapide commemorativa in marmo per ricordare la morte della figlia1. La lapide ora è lì,nel secondo atrio del Palazzo, sulla sinistra, ignorata da tutti comprese le autorità che non si sono mai degnate di promuovere una commemorazione in suo onore e a quello delle altre due vittime:

Qui cadde Ione Pacini nata il 27 7 1939 morta il 10 9 1944 stappata all’affetto dei suoi cari ancor in tenera età dalla barbarie nazifascista.”

Grazie a Franca Ballerini, nipote di Tina , sono riuscita a ricostruire la storia della balia dopo la guerra: non avrà mai figli anche se qualche anno dopo convolerà a nozze con un musicista della banda musicale di Pistoia. Dopo aver vissuto per molti anni in Via Carratica alla morte del marito e per curare una brutta malattia si trasferisce tra le tranquille colline dell’Appenino emiliano: a Pavullo del Frignano dove muore nel 1990. 
La signora Franca si ricorda ancora della storia di Jone perché Tina ne parlava spesso.
La signora Leda, madre naturale di Jone è morta nel 1969 e riposa insieme alla figlia.
Ripercorriamo adesso le vicende degli altri due protagonisti di questo giorno terribile.
Franca Pirami (di Piteccio) faceva parte, insieme a Luigi Flori, della formazione guidata da Giuseppe Terreni che con quella comandata da Silvano Fedi e con la squadra, “Attilio Frosini” fu una delle prime a costituirsi a Pistoia. La formazione Franca, che prese questo nome in seguito alla morte della donna, secondo le relazioni delle bande partigiane conservate all’Archivio di Stato2 è stata artefice di numerose azioni:dal gennaio all’ aprile 1944 fu attiva in opere di sabotaggio, i primi di giugno nei pressi del Ponte Stella asportò armi automatiche tedesche, in agosto dopo che la formazione è sorpresa in riunione vicino Casalguidi i suoi componenti riescono a mettersi in salvo combattendo . Verso la metà di questo mese è in città dove: “riesce ad evitare la devastazione della Caserma dei CCRR di S.Andrea e delle scale, salvando i materiali e consegnando le chiavi il giorno della liberazione ad un ufficiale dell’Arma che si trovava tra i partigiani; così veniva fatto per il palazzo della GIL. Durante lo stato di emergenza della città furono occupati dalla formazione il Palazzo Comunale e il campanile del Duomo.”
In realtà secondo questa relazione la Pirami era una collaboratrice della formazione “Squadra Frosini Attilio” che si era costituita dopo l’8 settembre 1943 e aveva operato prevalentemente a Pistoia anche se alcuni componenti avevano agito sulla montagna pistoiese con propaganda antifascista e antitedesca.
La “Frosini” aveva recuperato notevoli quantitativi di munizioni ma anche prodotti farmaceutici da destinare all’Ospedale di Pistoia. La notte tra il 15 e il 16 agosto avevano organizzato un attentato contro il comandante tedesco della città in San Bartolomeo.
Secondo altre fonti3 la formazione Franca si era costituita nel Palazzo Comunale ed era formata da vigili urbani, carabinieri, agenti di p .s. ed ex-soldati oltre che da alcuni civili, anche in questa versione è confermato come comandante Giuseppe Terreni. E’ molto probabile che Franca fosse proprio di questa formazione insieme al Flori; si spiegherebbe così la presenza dell’uomo il 4 settembre in Comune (dove abbiamo detto si trovava anche Tina) con ruolo di capo rifugio e la presenza della Pirami il 10 settembre nell’ atrio. Quali azioni la donna abbia fatto di preciso non lo sappiamo e ormai penso non lo sapremo mai e così anche di che formazione esattamente faceva parte, ma una cosa è certa: quel 10 settembre le schegge della granata che colpiscono Jone feriscono anche lei. La Pirami “portante bracciale n°400, attiva collaboratrice che più volte ha provveduto a liberare fermati nostri dai tedeschi, ha portato munizioni e armi alle formazioni” muore dopo tre ore dallo scoppio della bomba presso l’Ospedale di Pistoia.
La battaglia per la definitiva liberazione di Pistoia è ancora in corso, anche il magistrato e partigiano Rianldo Puxeddu, “Antonio”, ne sa qualcosa. Sono due mesi che milita in una formazione partigiana. E’ nato a Villasor in Sardegna il 30 settembre 1908, probabilmente ha studiato perché nelle varie relazioni e documenti appare o come un magistrato, o come avvocato o più semplicemente come “dottore”. Molto probabilmente prestava la sua opera presso il tribunale della città4e dal primo di giugno 1944 entra in una formazione che poi prenderà il suo nome. Questo gruppo d’azione era formato in realtà, così come conferma la relazione del capitano Carlo Giovanelli, da tre squadre che operavano in zone diverse: Iano, Lupicciano e Santomoro. Antonio è nel primo gruppo che, durante l’ occupazione della città si occupa del pattugliamento della Strada Arcadia, Sant’Agostino e San Rocco.
Le vittime di quei giorni certo non sono finite.
Il Villone Puccini, che già dopo il primo bombardamento dell’ ottobre 1943 si trova ad ospitare i malati di tubercolosi che prima erano ricoverati all’ Ospedale del Ceppo, si trova a subire un violento attacco dei tedeschi in ritirata. All’inizio del 1944 i tedeschi che prima vi avevano trovato rifugio si ritirano verso la collina , solo un gruppo di SS rimane al Villone insieme agli sfollati e a chi si prendeva cura dei malati. Una testimonianza fondamentale di quello che sarà un tragico 9 settembre 1944 la dobbiamo a Giancarlo Lippi5 che racconta la rappresaglia tedesca su 8 civili: Masotti Angiolo, Irma, Romano, Tallori Teresa, Petreschi Mario, Capecchi Andreina, Baldacci Ulderigo, Maria Grazia Martellucci moriranno tutti in seguito alle ferite riportate dall’ esplosione di un obice.
Loriano Bugiani e Alberto Dei fanno entrambi parte della formazione “Giordano Cappellini” comandata da Rolando Lachi e dislocata nel comune di Tizzana (località Bottegone): Loriano è entrato nella formazione nell’ aprile e Alberto, dopo aver partecipato alla Resistenza nella zona di Firenze (era di Arno), nell’ agosto. Alle 15,10 del 9 settembre in Via Dalmazia vengono uccisi dopo uno scontro a fuoco con i tedeschi. Non è chiaro il motivo che spinse i due ragazzi ad avventurarsi in una zona così rischiosa, ma senza ombra di dubbio Ferruccio Biagini che militava nella stessa formazione ricorda di averli visti in Piazza Mazzini per festeggiare la liberazione della città. Secondo la sua ricostruzione il Dei doveva andare a trovare i suoi genitori, allora sfollati a Candeglia, probabilmente per avvertirli dell’ avvenuta “liberazione”. Loriano si aggregò alla spedizione dell’ amico e quindi alla sua tragica fine.
Questi sono solo alcune delle tragiche storie di quei giorni, e solo quelle che riguardano il Comune di Pistoia.
Nel corso degli anni la storia di Jone non è mai stata approfondita, forse perché alla fine è “solo una bambina” (orribile certo, ma mi sono sentita dire anche questo) o perché le notevoli e numerose esperienze dei nostri partigiani hanno attirato l’attenzione della maggior parte dei ricercatori.
La piccola Jone viene scambiata prima per una giovane ragazza, poi per Iole Vannucci (non sono riuscita a sapere da dove provenga questo cognome), poi viene detto che si trovava rifugiata in Comune,oppure viene completamente dimenticata. A distanza di sessant’anni si sa, ricostruire un avvenimento così “piccolo” come la morte di una bambina in un contesto così grande, come una guerra mondiale, non è facile anche perché i ricordi svaniscono e i protagonisti ci lasciano. Questa di cui ho parlato è la verità di chi ha conosciuto da molto vicino Jone e Tina che a mio parere costituiscono un bellissimo esempio di umanità e amore nella tragicità della guerra.
Vorrei ringraziare infine tutti coloro che mi hanno aiutato a ricostruire la loro storia e in particolar modo il Sig. Ringressi e la S.ra Ballerini.


1 In ACPt, serieV, documenti allegati al Protocollo Generale. Busta 826, anno 1946- cat 6,7,8. Fascicolo cat.6 cl3 “Feste nazionali-onoranze-commemorazioni”.
2 In ASPt Busta2, parte II, fascicolo 14, “Relazioni di bande partigiane”
3 In G. Bianchi “Per non dimenticare”, Ed. CRT
4 In “Guida ai monumenti della memoria nel Comune di Pistoia”, Edizioni del Comune di Pistoia, 1994, p.12
5 La testimonianza completa del Lippi in “Settembre 1944. Ricovero di mendicità Villone Puccini.” In Farestoria, a.XV (3,1996), n. 29, pp.75-77.


Ho scritto questo articolo nel 2005 pubblicato nel 2005 su "QF" Rivista dell'Istituto Storico e della Società contemporanea della Provincia di Pistoia.

9 settembre 2011

Dichiarazione d'amore a New York



Capitolo primo. "Adorava New York. La idolatrava smisuratamente..." No, è meglio "la mitizzava smisuratamente", ecco. "Per lui, in qualunque stagione, questa era ancora una città che esisteva in bianco e nero e pulsava dei grandi motivi di George Gershwin..." No, fammi cominciare da capo... capitolo primo. "Era troppo romantico riguardo a Manhattan, come lo era riguardo a tutto il resto: trovava vigore nel febbrile andirivieni della folla e del traffico. Per lui New York significava belle donne, tipi in gamba che apparivano rotti a qualsiasi navigazione..." Eh no, stantio, roba stantia, di gusto... insomma, dai, impegnati un po' di più... da capo. Capitolo primo. "Adorava New York. Per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea: la stessa carenza di integrità individuale che porta tanta gente a cercare facili strade stava rapidamente trasformando la città dei suoi sogni in una..." Non sarà troppo predicatorio? Insomma, guardiamoci in faccia: io questo libro lo devo vendere. Capitolo primo. "Adorava New York, anche se per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea. Com'era difficile esistere, in una società desensibilizzata dalla droga, dalla musica a tutto volume, televisione, crimine, immondizia..." Troppo arrabbiato. Non devo essere arrabbiato. Capitolo primo. "Era duro e romantico come la città che amava. Dietro i suoi occhiali dalla montatura nera, acquattata ma pronta al balzo, la potenza sessuale di una tigre..." No, aspetta, ci sono: "New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata..."


Manhattan, Woody Allen

8 settembre 2011

Dire fare baciare lettera testamento

Andare. 
Partire.
Restare.
Sognare.

Questo è il problema.

4 settembre 2011

NAUSEA

CAMBIA IL MODO DI ESSERE UNA MISS

Il decalogo della patron Patrizia Mirigliani



1)     Una ‘ragazza di Miss Italia’ non può non leggere almeno un quotidiano ogni giorno per essere informata sulla politica e sul costume, e non solo sui pettegolezzi.
2)     Ogni ragazza, per diventare donna, deve leggere almeno tre libri l’anno: li sceglie accuratamente e si crea così un piccolo, ma importante bagaglio culturale. La scelta può iniziare con ‘Madame Bovary’ di Flaubert, ‘Anna Karenina’ di Tolstoj,  ‘Orgoglio e pregiudizio’ di Austen, e anche ‘Acciaio’, il successo di un’autrice giovane e contemporanea, Silvia Avallone.
3)     No al piercing a vista (su labbra, naso, orecchi)
4)     No a rifacimenti fisici troppo vistosi e visibili. Il Concorso non compie controlli per accertare se una miss ha parti del corpo “rifatte”, ma interviene se le modifiche sono evidenti.
5)     No alle lenti a contatto colorate.
6)     No al costume da bagno eccessivamente sgambato. Il costume deve far risaltare la femminilità della donna senza renderla volgare.
7)     No all’uso indiscriminato del cellulare e degli SMS.
8)     No alle unghie ricostruite e allungate.
9)     No a tutte le cose “troppo”:  troppo scollate, troppo corte, troppo larghe, troppo decorate, troppo colorate, troppo eccentriche.
10) I tacchi vanno indossati solo se il contesto lo permette e se si è certi di mantenere un’andatura elegante per tutto il tempo.
11) Si tenga bene a mente che saltare i pasti non è un buon esercizio! La fame fa ingrassare e il digiuno è pericoloso.