30 giugno 2011

Chissà come ci vedi tu, da lontano da qui, da noi, con occhi distaccati e il cuore in mano.
Noi che ci affanniamo per le piccole conquiste di ogni giorno, e che perdiamo il senso delle cose importanti con un niente. 
Nuotiamo in bicchieri d'acqua che non sappiamo mai se mezzi pieni o mezzi vuoti. Formiche che cercano di portare a casa un po' di felicità, qualche conquista meritata, un po' di sollievo e meraviglia del quotidiano. 
Deve essere la malinconia di questi giorni, che mi prende da qualche anno a questa parte all'iniziar dell'estate e poi si dissolve da sola, come un normale raffreddore.
Non voglio diventare come gran parte del resto del mondo intorno a me. 
Non so se ce la farò a restare incontaminata, a non cedere. 

Più di un anno fa, una delle più belle dichiarazioni d'amore che ho mai ricevuto fu:
"Non diventerai mai così e comunque farò in modo che tu non diventi così".
Avanti tutta.

16 giugno 2011

SONO STABILMENTE E FIDUCIOSAMENTE FELICE
I have many possibilities. 
I know even by myself, 
but I understand it better when my eyes are stolen from you.
Gipi

15 giugno 2011

Vittorio, vive!

Due mesi fa in questa notte Vittorio veniva ammazzato.
Mi manca molto, manca a decine, centinaia, migliaia di noi. 

Voglio ricordarlo così, con il Manifesto dei giovani di Gaza.
Un documento da leggere, da ricordare, da tramandare.
Christian Elia colpisce ancora con l'articolo "Io non ho paura" sul numero 3 della rivista E- il mensile.


Una firma collettiva, un'identità comune e soffocata, lancia un grido di dolore nello spazio libero del web.
"Vaffanculo Hamas. Vaffanculo Israele. Vaffanculo Fatah. Vaffanculo Onu. Vaffanculo Unrwa. Vaffanculo Usa! Noi, i giovani di Gaza, siamo stufi di Israele, di Hamas, dell'occupazione, delle violazioni dei diritti umani e dell'indifferenza della comunità internazionale! 
Vogliamo urlare per rompere il muro di silenzio, ingiustizia e indifferenza, come gli F16 israeliani rompono il muro del suono; vogliamo urlare con tutta la forza delle nostre anime per sfogare l'immensa frustrazioneche ci consuma per la situazione del cazzo in cui viviamo; siamo come pidocchi stretti tra due unghie, viviamo un incubo dentro un incubo, dove non c'è spazio né per la speranza né per la libertà. Ci siamo rotti i coglioni di rimanere imbrigliati in questa guerra politica; ci siamo rotti i coglioni delle notti nere come il carbone con gli aerei che sorvolano le nostre case; siamo stomacati dall'uccisione di contadini innocenti nella buffer zone, colpevoli solo di stare lavorando le loro terre; ci siamo rotti i coglioni degli uomini barbuti che se ne vanno in giro con le loro armi abusando del loro potere, picchiando o incarcerando i giovani colpevoli solo di manifestare per ciò in cui credono; ci siamo rotti i coglioni del muro della vergogna che ci separa dal resto del nostro Paese tenendoci ingabbiati in un pezzo di terra grande quanto un francobollo; e ci siamo rotti i coglioni di chi ci dipinge come terroristi, fanatici fatti in casa con le bombe in tasca e il maligno negli occhi; abbiamo le palle piene dell'indifferenza da parte della comunità internazionale, i cosiddetti esperti in esprimere sconcerto e stilare risoluzioni, ma codardi nel mettere in pratica qualsiasi cosa su cui si trovino d'accordo; ci siamo rotti i coglioni di vivere una vita di merda, imprigionati dagli israeliani, picchiati da Hamas e completamente ignorati dal resto del mondo.

C'è una rivoluzione che cresce dentro di noi, un'immensa insoddisfazione e frustrazione che ci distruggerà a meno che non troviamo un modo per canalizzare questa energia in qualcosa che possa sfidare lo status quo e ridarci la speranza. La goccia che ha fatto traboccare il vaso facendo tremare i nostri cuori per la frustrazione e la disperazione è stata quando il 30 Novembre gli uomini di Hamas sono intervenuti allo Sharek Youth Forum, un'organizzazione di giovani molto seguita con fucili, menzogne e violenza, buttando tutti i volontari fuori  incarcerandone alcuni, e proibendo allo Sharek di continuare a lavorare.

Alcuni giorni dopo, alcuni dimostranti davanti alla sede dello Sharek sono stati picchiati, altri incarcerati. Stiamo davvero vivendo un incubo dentro un incubo. E' difficile trovare le parole per descrivere le pressioni a cui siamo sottoposti. Siamo sopravvissuti a malapena all'Operazione Piombo Fuso, in cui Israele ci ha bombardati di brutto con molta efficacia,distruggendo migliaia di case e ancora più persone e sogni.

Non si sono sbarazzati di Hamas, come speravano, ma ci hanno spaventati a morte per sempre, facendoci tutti ammalare di sindromi post-traumatiche visto che non avevamo nessuno posto dove rifugiarci. Siamo giovani dai cuori pesanti. Ci portiamo dentro una pesantezza così immensa che rende difficile anche solo godersi un tramonto. Come possiamo godere di un tramonto quando le nuvole dipingono l'orizzonte di nero e orribili ricordi del passato riaffiorano alla mente ogni volta che chiudiamo gli occhi? Sorridiamo per nascondere il dolore. Ridiamo per dimenticare la guerra. Teniamo alta la speranza per evitare di suicidarci qui e adesso. Durante la guerra abbiamo avuto la netta sensazione che Israele voglia cancellarci dalla faccia della Terra.

Negli ultimi anni Hamas ha fatto di tutto per controllare i nostri pensieri, comportamenti e aspirazioni. Siamo una generazione di giovani abituati ad affrontare i missili, a portare a termine la missione impossibile di vivere una vita normale e sana, a malapena tollerata da una enorme organizzazione che ha diffuso nella nostra società un cancro maligno, causando la distruzione e la morte di ogni cellula vivente, di ogni pensiero e sogno che si trovasse sulla sua strada, oltre che la paralisi della gente a causa del suo regime di terrore. Per non parlare della prigione in cui viviamo, una prigione giustificata e sostenuta da un paese cosiddetto democratico.

La storia si ripete nel modo più crudele e non frega niente a nessuno. Abbiamo paura. Qui a Gaza abbiamo paura di essere incarcerati, picchiati, torturati, bombardati, uccisi.Abbiamo paura di vivere, perché dobbiamo soppesare con cautela ogni piccolo passo che facciamo, viviamo tra proibizioni di ogni tipo, non possiamo muoverci come vogliamo, né dire ciò che vogliamo, né fare ciò che vogliamo, a volte non possiamo neanche pensare ciò che vogliamo perché l'occupazione ci ha occupato il cervello e il cuore in modo così orribile che fa male e ci fa venire voglia di piangere lacrime infinite di frustrazione e rabbia!

Non vogliamo odiare, non vogliamo sentire questi sentimenti, non vogliamo più essere vittime. BASTA! Basta dolore, basta lacrime, basta sofferenza, basta controllo, proibizioni, giustificazioni ingiuste, terrore, torture, scuse, bombardamenti, notti insonni, civili morti, ricordi neri, futuro orribile, presente che ti spezza il cuore, politica perversa, politici fanatici, stronzate religiose, basta incarcerazioni!  

DICIAMO BASTA!
Questo non è il futuro che vogliamo!
Vogliamo tre cose. Vogliamo essere liberi. Vogliamo poter vivere una vita normale. Vogliamo la pace. E' chiedere troppo? Siamo un movimento per la pace fatto dai giovani di Gaza e da chiunque altro li voglia sostenere e non si darà pace finché la verità su Gaza non venga fuori e tutti ne siano a conoscenza, in modo tale che il silenzio-assenso e l'indifferenza urlata non siano più accettabili.

Questo è il manifesto dei giovani di Gaza per il cambiamento!
Inizieremo con la distruzione dell'occupazione che ci circonda, ci libereremo da questo carcere mentale per riguadagnarci la nostra dignità e il rispetto di noi stessi. Andremo avanti a testa alta anche quando ci opporranno resistenza. Lavoreremo giorno e notte per cambiare le miserabili condizioni di vita in cui viviamo.
Costruiremo sogni dove incontreremo muri.

Speriamo solo che tu - sì, proprio tu che adesso stai leggendo questo manifesto!- ci supporterai. Per sapere come, per favore lasciate un messaggio o contattaci direttamente a: freegazayouth@hotmail.com

Vogliamo essere liberi, vogliamo vivere, vogliamo la pace.
LIBERTA' PER I GIOVANI DI GAZA!

13 giugno 2011

Come quando una mattina di giugno esci di casa ed è nevicato davvero.

Sento e so che qualcosa è cambiato. 
Lo sento dalle farfalle nello stomaco, 
lo vedo dal mio sguardo trasognato riflesso nello specchio, 
me ne accorgo dalla mia sbadataggine 
naif che oggi è arrivata al massimo storico. 
Sono su un altro pianeta. 
Su Marte ecco. 
Non ho ancora realizzato,  non mi sembra proprio vero... 
forse mi sono solo sognata questi ultimi giorni.
Forse non è successo a me, non è successo a noi...

O forse sì...
Anzi... SI perché questi sono i giorni del SI!!!


È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa 
che ha fatto la tua rosa così importante.
Il Piccolo Principe

10 giugno 2011

Alexander Platz, Berlin



"E di colpo venne il mese di Febbraio,
faceva freddo in quella casa, mi ripetevi: 
sai che d'Inverno si vive bene come di Primavera!"
Franco Battiato

9 giugno 2011

L' Approdo di Shaun Tan, Elliot edizioni

Un ultimo saluto a moglie e figlia e via, si parte per un nuovo mondo. 
L’esperienza dell’emigrante in una serie di tavole che fanno trattenere il fiato, sognanti e assieme realistiche, surreali e terribilmente attuali. 
Senza una parola di troppo, senza che una sola frase venga sprecata. 
L’approdo è un’esperienza che va vissuta in prima persona. 
Buon viaggio.



Chi mi dirà buonanotte stanotte mio Dio?

7 giugno 2011

Quello che conta è cantare "Sei ottavi" tutti insieme.
Quello che conta è partire per un viaggio con il libro del cuore in lingua italiana e tornare con lo stesso libro in lingua francese.
Quello che conta è trovare un vestito con le farfalle rosse.
Quello che conta è farsi fregare il cellulare e decidere che d'ora in avanti i numeri in rubrica non saranno più di trenta. Perchè saranno solo di quelli che contano.
Quello che conta è vedervi nuotare nell'acqua del Mediterraneo, tra le isole.
Quello che conta è la cena di pesce sulla terrazza sui tetti.
Quello che conta sono le ostriche.
Quello che conta è puntare un soggetto con un obiettivo e dopo trenta scatti fare quello della vita. Il definitivo.
Quello che conta è una mail inviata dall'altra parte del mondo.
Quello che conta è leggere Fabio Montale ad alta voce.
Quello che conta è tornare a casa e bere un buon caffè alla finestra.
Quello che conta è pensare che con te sarà possibile.
Quello che conta è inviarti gli auguri di buon compleanno e ricevere in cambio un sorrisopuntograziepuntodavveropunto.
Quello che conta è il viaggio.
Quello che conta è il principio di realtà.
Quello che conta è la cena con la mia famiglia, è la mia famiglia e la mia grande famiglia.

Tutto il resto mi nausea.

1 giugno 2011

Ho fatto la valigia, anzi, ne ho fatte due

In una ci ho messo il costume da bagno, un paio di vestiti leggeri (ardua scelta ma alla fine ho optato per quello bianco e quello con i disegni blu che fa tanto petit français), la macchina fotografica con schede, schedine, cavi e cavetti, la guida e un paio di dritte lasciati da amici fidati, un libro (anzi quel libro lì, anzi quei libri lì), un paio di scarpe comode e i sandali con i lacci, una maglia pesante, uno scialle colorato e qualche stronzata per fare volume.


Nell'altra ci ho messo un po' di stanchezza e qualche tristezza, due o tre incazzature, un giramento di coglioni serio, qualche piccola delusione, la malinconia, la nostalgia, il ricatto. L'ho chiusa bene questa, meglio dell'altra. Non la porto con me. La lascio a casa, vicino all'ingresso (in questa casa cio' che è fuori da camera tua non la ritrovi mai allo stesso posto) spero che qualcuno la prenda e la porti via. Lontano da qui, lontano, lontanissimo da me.


Io non ho mai cancellato niente e nessuno. 
In me le cose si sovrappongono, nel bene e nel male, come il millefoglie. 
E' questo il problema.

E il Fabio Montale di Izzo mi ruba le parole di bocca.
" E Lole era in qualche luogo dove si poteva vivere senza ricordi .Senza rimorsi. Senza rancore. Mettersi in regola con la vita sigificava mettersi in regola con i ricordi. Me lo aveva detto Lole, una sera. La vigilia della sua partenza. Su questo ero d'accordo con lei. Interrogare il passato non serve a niente. E' al futuro che bisogna fare domande. Senza futuro, il presente è solo disordine. Sì, certo. Ma io non venivo a patti con il passato, era questo il mio problema" .
Churmo, il cuore di Marsiglia, J.C. Izzo