Più di un mese fa ho fatto i colloqui a circa 80 ragazzi che avevano fatto domanda per il servizio civile in biblioteca. Ci sono capitata abbastanza per caso, non ero psicologicamente pronta, non me lo aspettavo, ma ho accettato subito. Una nuova esperienza ho pensato, due gironi in un mondo diverso da mio.
I posti disponibili per le biblioteche erano 15. Per la prima volta nella mia vita mi sono trovata dalla parte opposta del tavolo. Con i mano le griglie di valutazione, la penna per scrivere i voti, e in testa l'idea che avrei determinato, in qualche modo, la vita di 15 ragazzi per un anno.
Davanti... loro, della mia età dai 19 ai 27 anni.
E questo mi crea ancora più imbarazzo.
I giovanissimi con in testa sogni e speranze già deluse oppure appena usciti dal liceo che non sanno dove sbattere la testa , e poi i più grandi laureati, masterizzati, senza lavoro.
E poi io con un anno più di loro e poche idee chiare in testa. Il senso e il peso di questa responsabilità.
Finiti i colloqui non c'è giorno in cui non abbia pensato a loro, ai loro colloqui, a quello che mi hanno detto, al loro nervosismo o alla loro calma apparente, a quali sono le loro aspettative, i loro progetti, il loro vissuto.
(e a questo punto mi viene da chiedermi a quante cose penso al giorno...)
I 15 sono attenti, preparati, con tanta voglia di fare, di mettersi in gioco, di far vedere che valgono
E valgono.
Basta guardagli negli occhi.
Oggi li ho rivisti. Finalmente hanno iniziato e sono arrivati da noi.
Li ho portati in giro in biblioteca per un paio d'ore parlando a macchinetta, facendo battute, ridendo con loro e rispondendo alle domande, puntualizzando gli aspetti positivi di questo posto e di questo lavoro ma anche le criticità, i problemi, i soldi che mancano, le forniture che non arrivano, le perplessità. Credo si sia instaurato da subito un bel clima del "insomma via ci siamo capiti".
Cinque di loro rimarranno a lavorare con noi. Gli altri saranno smistati nelle altre biblioteche.
Vorrei averne cura, vorrei che e avessimo cura. E sembra paternalismo me ne rendo conto ma non lo è. E' commozione.
Sono le risorse umane, le forze entusiaste quelle di cui dobbiamo avere maggior rispetto.
Perché vengono da un mondo davvero difficile e freddo, pieno di delusioni calci in culo e raccomandazioni, il mondo in cui ero fino a un anno e mezzo fa. Ora ne sono in un altro, difficile anche questo ma che da sicurezze.
Uno di loro in patrticolare mi ha colpita. Occhi neri, osservazioni acute, mi ha guardato un attimo mentre parlavo, voleva farmi una domanda ma poi ha abbassato lo sguardo ed è diventato tutto rosso. Anni? 27. E mi viene da ridere.
Sono commossa, questi ragazzi mi commuovono.
Gli voglio bene anche se mi ricordo metà dei loro nomi.
Dopo gli scorsi giorni in cui mi sentivo solo vuota e abbattuta, piena di rabbia e rancore... oggi sono felice che siano qui.