Morire in una città libera: la piccola Jone
Domenica 10 settembre 1944, Pistoia è libera già da due giorni, o così almeno riportano le cronache successive.
E’ una data convenzionale infatti l’8 settembre, Pistoia in realtà non è una città libera, si continua a sparare, a nascondersi, ad avere paura e a morire…
La città è distrutta dai bombardamenti, la popolazione è ancora rifugiata in collina e in montagna, mancano generi alimentari, mezzi di trasporto. I tedeschi, costretti ad arretrare, infieriscono violentemente sulla popolazione civile inerme e indifesa.
In questo drammatico contesto si inserisce una storia ormai quasi completamente dimenticata dalla città, quella di una piccola bambina di soli cinque anni che proprio in quel 10 settembre si trovava a giocare nell’atrio del Palazzo Comunale.
La piccola Jone nasce a Pistoia il 27 luglio 1939, ha parecchi fratelli e sorelle più grandi di lei e la madre, Leda Pacini, classe 1902, rimasta vedova, intorno al 1940-1941 in seguito a una malattia viene ricoverata in ospedale. E’ costretta a lasciare i figli più grandi in un collegio fuori città dove rimarranno fino alla fine della guerra. Jone è troppo piccola per andare in collegio e per questo motivo che viene affidata a una balia: Ballerini Assunta detta “Tina” nata nel 1907 a Sambuca Pistoiese.
Con molta probabilità la piccola viveva con la famiglia in Piazza del Carmine nr8 durante la guerra, le condizioni economiche non dovevano essere delle migliori con così tanti bambini e ragazzi da mantenere e suppongo che la Ballerini nubile e senza figli si sia offerta di prenderla con sè. Non si sa in che anno ciò sia avvenuto ma sicuramente tra le due si crea un legame molto profondo, quasi di madre-figlia.
Arriviamo quindi al settembre 1944. A questa data Jone e Tina vivono in Via Bracciolini, quel vicolo stretto che collega Piazza del Duomo a Piazza Sapienza; possiamo immaginarci che Jone giocasse, nei rari momenti di pace che una città in guerra poteva avere, in Piazza del Duomo vista la breve distanza con la sua casa (al nr.4).
Alcuni documenti testimoniano con quasi assoluta certezza che il 4 di quel mese le due si trovavano insieme a un’altra ventina di persone nel rifugio antiaereo allestito in Palazzo Comunale. Con loro ci sono altri 7 bambini, 8 donne e 4 uomini. La sera di quello stesso giorno si aggiungono altri dieci uomini che probabilmente decidono di passare lì la notte.
Ma la nostra storia continua. Arriviamo al 10 di settembre. La sorella della piccola, Anna Lottini che come detto in precedenza si trovava a quel tempo in un collegio, ricorda che le fu raccontato che quella mattina Tina si doveva recare nel vicino Palazzo Comunale per sbrigare alcune commissioni anche se non sa di quale natura queste fossero. Sono le 10 di mattina, dopo aver attraversato Piazza del Duomo, che possiamo immaginare piena di macerie, le due arrivano nell’atrio del Palazzo. La piccola insiste: mentre Tina salirà ai piani superiori lei rimarrà a giocare giù al pianterreno. Tina acconsente, ma è un attimo. I tedeschi che già da giorni sparano sulla città dalle colline circostanti (soprattutto da Cireglio) colpiscono il Palazzo comunale.
A rimanere ferite sono parecchie persone, ma tre in modo grave:
Franca Pirami, Rinaldo Puxeddu e Jone.
Moriranno tutti e tre: i due partigiani e la bambina per le ferite riportate in seguito allo scoppio di una granata. Il dolore di Tina è enorme, è come aver perso la figlia.
Qualche anno dopo, nel 1946, quando la situazione in città è tornata alla “quasi” normalità scrive una lettera al Sindaco Michelozzi per chiedergli il permesso di poter apporre una piccola lapide commemorativa in marmo per ricordare la morte della figlia. La lapide ora è lì,nel secondo atrio del Palazzo, sulla sinistra, ignorata da tutti comprese le autorità che non si sono mai degnate di promuovere una commemorazione in suo onore e a quello delle altre due vittime:
“Qui cadde Ione Pacini nata il 27 7 1939 morta il 10 9 1944 stappata all’affetto dei suoi cari ancor in tenera età dalla barbarie nazifascista.”
Grazie a Franca Ballerini, nipote di Tina , sono riuscita a ricostruire la storia della balia dopo la guerra: non avrà mai figli anche se qualche anno dopo convolerà a nozze con un musicista della banda musicale di Pistoia. Dopo aver vissuto per molti anni in Via Carratica alla morte del marito e per curare una brutta malattia si trasferisce tra le tranquille colline dell’Appenino emiliano: a Pavullo del Frignano dove muore nel 1990.
La signora Franca si ricorda ancora della storia di Jone perché Tina ne parlava spesso.
La signora Leda, madre naturale di Jone è morta nel 1969 e riposa insieme alla figlia.
Ripercorriamo adesso le vicende degli altri due protagonisti di questo giorno terribile.
Franca Pirami (di Piteccio) faceva parte, insieme a Luigi Flori, della formazione guidata da Giuseppe Terreni che con quella comandata da Silvano Fedi e con la squadra, “Attilio Frosini” fu una delle prime a costituirsi a Pistoia. La formazione Franca, che prese questo nome in seguito alla morte della donna, secondo le relazioni delle bande partigiane conservate all’Archivio di Stato è stata artefice di numerose azioni:dal gennaio all’ aprile 1944 fu attiva in opere di sabotaggio, i primi di giugno nei pressi del Ponte Stella asportò armi automatiche tedesche, in agosto dopo che la formazione è sorpresa in riunione vicino Casalguidi i suoi componenti riescono a mettersi in salvo combattendo . Verso la metà di questo mese è in città dove: “riesce ad evitare la devastazione della Caserma dei CCRR di S.Andrea e delle scale, salvando i materiali e consegnando le chiavi il giorno della liberazione ad un ufficiale dell’Arma che si trovava tra i partigiani; così veniva fatto per il palazzo della GIL. Durante lo stato di emergenza della città furono occupati dalla formazione il Palazzo Comunale e il campanile del Duomo.”
In realtà secondo questa relazione la Pirami era una collaboratrice della formazione “Squadra Frosini Attilio” che si era costituita dopo l’8 settembre 1943 e aveva operato prevalentemente a Pistoia anche se alcuni componenti avevano agito sulla montagna pistoiese con propaganda antifascista e antitedesca.
La “Frosini” aveva recuperato notevoli quantitativi di munizioni ma anche prodotti farmaceutici da destinare all’Ospedale di Pistoia. La notte tra il 15 e il 16 agosto avevano organizzato un attentato contro il comandante tedesco della città in San Bartolomeo.
Secondo altre fonti la formazione Franca si era costituita nel Palazzo Comunale ed era formata da vigili urbani, carabinieri, agenti di p .s. ed ex-soldati oltre che da alcuni civili, anche in questa versione è confermato come comandante Giuseppe Terreni. E’ molto probabile che Franca fosse proprio di questa formazione insieme al Flori; si spiegherebbe così la presenza dell’uomo il 4 settembre in Comune (dove abbiamo detto si trovava anche Tina) con ruolo di capo rifugio e la presenza della Pirami il 10 settembre nell’ atrio. Quali azioni la donna abbia fatto di preciso non lo sappiamo e ormai penso non lo sapremo mai e così anche di che formazione esattamente faceva parte, ma una cosa è certa: quel 10 settembre le schegge della granata che colpiscono Jone feriscono anche lei. La Pirami “portante bracciale n°400, attiva collaboratrice che più volte ha provveduto a liberare fermati nostri dai tedeschi, ha portato munizioni e armi alle formazioni” muore dopo tre ore dallo scoppio della bomba presso l’Ospedale di Pistoia.
La battaglia per la definitiva liberazione di Pistoia è ancora in corso, anche il magistrato e partigiano Rianldo Puxeddu, “Antonio”, ne sa qualcosa. Sono due mesi che milita in una formazione partigiana. E’ nato a Villasor in Sardegna il 30 settembre 1908, probabilmente ha studiato perché nelle varie relazioni e documenti appare o come un magistrato, o come avvocato o più semplicemente come “dottore”. Molto probabilmente prestava la sua opera presso il tribunale della cittàe dal primo di giugno 1944 entra in una formazione che poi prenderà il suo nome. Questo gruppo d’azione era formato in realtà, così come conferma la relazione del capitano Carlo Giovanelli, da tre squadre che operavano in zone diverse: Iano, Lupicciano e Santomoro. Antonio è nel primo gruppo che, durante l’ occupazione della città si occupa del pattugliamento della Strada Arcadia, Sant’Agostino e San Rocco.
Le vittime di quei giorni certo non sono finite.
Il Villone Puccini, che già dopo il primo bombardamento dell’ ottobre 1943 si trova ad ospitare i malati di tubercolosi che prima erano ricoverati all’ Ospedale del Ceppo, si trova a subire un violento attacco dei tedeschi in ritirata. All’inizio del 1944 i tedeschi che prima vi avevano trovato rifugio si ritirano verso la collina , solo un gruppo di SS rimane al Villone insieme agli sfollati e a chi si prendeva cura dei malati. Una testimonianza fondamentale di quello che sarà un tragico 9 settembre 1944 la dobbiamo a Giancarlo Lippi che racconta la rappresaglia tedesca su 8 civili: Masotti Angiolo, Irma, Romano, Tallori Teresa, Petreschi Mario, Capecchi Andreina, Baldacci Ulderigo, Maria Grazia Martellucci moriranno tutti in seguito alle ferite riportate dall’ esplosione di un obice.
Loriano Bugiani e Alberto Dei fanno entrambi parte della formazione “Giordano Cappellini” comandata da Rolando Lachi e dislocata nel comune di Tizzana (località Bottegone): Loriano è entrato nella formazione nell’ aprile e Alberto, dopo aver partecipato alla Resistenza nella zona di Firenze (era di Arno), nell’ agosto. Alle 15,10 del 9 settembre in Via Dalmazia vengono uccisi dopo uno scontro a fuoco con i tedeschi. Non è chiaro il motivo che spinse i due ragazzi ad avventurarsi in una zona così rischiosa, ma senza ombra di dubbio Ferruccio Biagini che militava nella stessa formazione ricorda di averli visti in Piazza Mazzini per festeggiare la liberazione della città. Secondo la sua ricostruzione il Dei doveva andare a trovare i suoi genitori, allora sfollati a Candeglia, probabilmente per avvertirli dell’ avvenuta “liberazione”. Loriano si aggregò alla spedizione dell’ amico e quindi alla sua tragica fine.
Questi sono solo alcune delle tragiche storie di quei giorni, e solo quelle che riguardano il Comune di Pistoia.
Nel corso degli anni la storia di Jone non è mai stata approfondita, forse perché alla fine è “solo una bambina” (orribile certo, ma mi sono sentita dire anche questo) o perché le notevoli e numerose esperienze dei nostri partigiani hanno attirato l’attenzione della maggior parte dei ricercatori.
La piccola Jone viene scambiata prima per una giovane ragazza, poi per Iole Vannucci (non sono riuscita a sapere da dove provenga questo cognome), poi viene detto che si trovava rifugiata in Comune,oppure viene completamente dimenticata. A distanza di sessant’anni si sa, ricostruire un avvenimento così “piccolo” come la morte di una bambina in un contesto così grande, come una guerra mondiale, non è facile anche perché i ricordi svaniscono e i protagonisti ci lasciano. Questa di cui ho parlato è la verità di chi ha conosciuto da molto vicino Jone e Tina che a mio parere costituiscono un bellissimo esempio di umanità e amore nella tragicità della guerra.
Vorrei ringraziare infine tutti coloro che mi hanno aiutato a ricostruire la loro storia e in particolar modo il Sig. Ringressi e la S.ra Ballerini.